© foto Garbani
Abbiamo avuto il piacere di fare una chiacchierata “online” con Ajla Del Ponte, nota atleta dell‘ US Ascona e della nazionale svizzera di atletica.
Da questo incontro virtuale durante il lockdown è nata un’intervista che pubblicheremo in 3 parti a partire da oggi.
Ajla è una ragazza di 24 anni dell’alta Valle Maggia molto attaccata alla sua famiglia, alle sue origini e alla sua terra. E nonostante i successi in ambito internazionale, è una persona disponibile e con un gran cuore.
E‘ una campionessa con tanti record alle spalle, dai 60 m indoor ai 150 m in 16″67 a Macolin il 20 giugno 2020 (miglior tempo svizzero di tutti i tempi). A questi si aggiungono gli eccellenti risultati al Meeting de la Gruyère dell’11 luglio 2020 (100 m in 11″08, miglior tempo europeo dell’anno) e a Papendal il 19 luglio 2020 (200 m in 23″02, secondo miglior tempo europeo dell’anno e settimo a livello mondiale).
Durante i mesi invernali si è allenata in vista della convocazione ai Giochi olimpici di Tokyo 2020 (rimandati al 2021). Nonostante lo stop causato dal Covid-19, è riuscita a trasformare questa situazione in un’opportunità, migliorando la sua forma fisica e le sue performance. Oggi si allena per questi importantissimi Meeting:
- 14.08 Monaco, Diamond League
- 19.08 Bydgoszcz
- 23.08 Stockholm
- 06.09 Chorzów
- 08.09 Ostrava
- 11-12.08 Basilea, Campionati Svizzeri
- 15.09 Bellinzona, Galà dei Castelli
- 17.09 Roma, Diamond League
Buona lettura!
Ajla, quando hai iniziato a correre e a scoprire che l’atletica era il tuo sport?
Ricordo che alle elementari due compagne di classe lanciavano delle sfide di corsa. A ricreazione per qualche tempo hanno organizzato una “scuola di corsa” per imparare a correre veloce. Quello è stato il mio primo “approccio” allo sprint. È stato solo diversi anni dopo, nel 2009, che ho partecipato a una Kids Cup organizzata a scuola. Mi sono classificata al quarto posto in tutta la scuola, e mia mamma ha avuto l’idea di iscrivermi all’US Ascona.
Essendoti avvicinata al mondo dell’atletica a 13 anni, quali sono state le maggiori difficoltà che hai incontrato?
Quando si comincia in una società di atletica, gli allenatori tendono a far provare ai nuovi venuti tutte le discipline. Per me è stato chiaro sin da subito che non mi sarei diretta verso quelle di resistenza… ogni anno eravamo incitati a partecipare ad almeno 3 corse di cross, ma avendone finita solo una, molto in fondo alla classifica e con molte sofferenze, i miei allenatori hanno rinunciato a obbligarmi ad andare.
Quando sono arrivati i primi successi e quando hai deciso di intraprendere la strada dell’agonismo?
Inizialmente mi sono orientata piuttosto verso i salti, e pian piano sono arrivati anche i risultati nello sprint. Direi che il 2013 è stato un anno decisivo dal punto di vista dei risultati, ed è in quel periodo che ho capito di avere un potenziale in qualcosa.
C’è stato un momento in cui hai pensato di abbandonare lo sport a livello agonistico e di concentrarti sugli studi?
Durante le scuole dell’obbligo avevo solamente due allenamenti a settimana, che rappresentavano per me uno sfogo vitale. E proseguendo con il liceo la cosa è rimasta la stessa. Mi sono sempre molto divertita con il mio gruppo, quindi è sempre stato naturale andare ad allenarsi.
Quali sono stati i momenti più emozionanti?
I momenti che mi sono più cari sono la qualifica al mio primo campionato internazionale U20, tutti i record svizzeri individuali di categoria e i record svizzeri con la staffetta… E ovviamente la convocazione per Rio2016.
Hai dei ricordi particolari che vorresti condividere con noi?
Un ricordo particolarmente bello che ho è dei Campionati del Mondo di Londra2017. Poco prima delle qualifiche della 4×100, quando eravamo già dietro i blocchi di partenza, il pubblico ha cominciato a cantare “Sweet Caroline” all’unisono. Quello inglese è un pubblico che conosce l’atletica come pochi altri e trasmette emozioni grandissime agli atleti in pista.
Qualche aneddoto?
Ve ne racconto 3:
- Nei campi d’allenamento in Sud Africa a volte siamo una trentina di atleti di diverse nazionalità sotto lo stesso tetto. Oltre ad avere una babele di lingue, siamo molto competitivi nei giochi di società. A gennaio del 2019 abbiamo organizzato un torneo di Brändi Dog (un gioco da tavolo a squadre che si gioca con carte da bridge – ndr.), e ci siamo appropriati del primo campionato del mondo di questo gioco. Alla fine del torneo tutte le squadre perdenti si sono dovute buttare in piscina.
- Sono sempre stata la più bassa del gruppo, e la cosa è stata una ragione costante di prese in giro affettuose. Mi ritrovo sempre con delle spilungone.
- Ad un allenamento di staffetta una delle nostre compagne è arrivata senza scarpe chiodate e nessuna di noi ne aveva un secondo paio da prestare. Dovendo andare dall’allenatore a spiegare la cosa, gli ha detto che le sue scarpette erano esplose durante l’allenamento del giorno precedente. L’allenatore ha lasciato cadere la questione e ne ha riso qualche giorno dopo, quando si è presentata all’allenamento con le sue solite scarpe chiodate.
La seconda parte dell’intervista verrà pubblicata nell’ultima settimana di agosto.